L’arte della pipa nella tradizione della Sila Greca

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Una delle maggiori manifestazioni dell’infinito spazio artigianale presente sul territorio della Sila Greca è stata da sempre la lavorazione del legno nelle sue diverse forme e configurazioni. In tutti i borghi, ancora oggi, abili falegnami e maestri raffinati del legno continuano a esercitare la loro arte, ricca di competenza, perizia e abilità poste in essere quotidianamente secondo la tradizione dell’antica civiltà contadina, ma che negli ultimi decenni ha saputo anche rapportarsi alle nuove esigenze di un artigianato all’insegna della contemporaneità e dell’eccellenza.
Mandatoriccio è uno dei borghi del territorio, che continua a dimostrare una sua costante dinamicità nei diversi settori economici e artigianali, ma con la caratteristica di punta che da oltre un secolo lo caratterizza, ossia l’artigianato della lavorazione dell’erica arborea, dalla quale si ricavano le pipe.

Aspetti storici

Definizione: Che cosa è la pipa. Si tratta di uno strumento per fumare dotata di una cannuccia e di un fornello nel quale brucia il tabacco e avviene la combustione. Originariamente si fumava solo con la cannuccia.
Antenati della pipa: Alcuni oggetti per fumare risalgono al periodo egiziano e furono trovati nelle tombe dei Faraoni.
Diffusione e materiali: Jean Nicot un francese ambasciatore in Spagna fu il produttore del primo tabacco. Da lui deriva infatti il termine nicotina, in ricordo del suo nome.
La diffusione della pipa, invece, come oggi noi la conosciamo avviene intorno al 1600 in Inghilterra per opera del navigatore, industriale Walter Releigh, uomo nelle grazie della regina Elisabetta. La sua diffusione è così veloce che si impone sul mercato come strumento per fumare, ma anche come oggetto d’arte e designer e ha un impatto così forte da causare la nascita anche di alcune accademie come appunto “l’Accademia della pipa”.

Le prime pipe sono di argilla bianca (caolino), poi di porcellana e infine di legno. Il 700 fu un secolo di ricerca e continua sperimentazione che porta alla utilizzazione di altri materiali per cui si realizzano pipe di gesso, terracotta, porcellana, avorio, metallo, pietra, vetro, sepiolite, un minerale bianco argilloso scoperto nel 1847, dal punto di vista chimico un silicato di magnesio, come aspetto simile all’osso di seppia che si trova anche galleggiante sull’acqua del mare, con il quale si realizzano le pipe di schiuma, ma senza risolvere il problema del calore della combustione sviluppato nel fornello, poi si passò al legno di (ciliegio, olivo, noce, erica).

Uso della radica: La pipa di legno di radica (erica arborea o scoparia) risale alla metà del 1800 ed è usata per le sue qualità di resistenza al fuoco (800-900°), la sua economicità e le sue preziose caratteristiche.

La prima pipa di erica secondo le notizie storiografiche nasce in Francia a Saint-Cloud grazie a un artigiano del luogo.
La migliore radica, la più pregiata per le sue qualità, è quella calabrese e ligure. Nel precedente secolo a parte la sua diffusione si afferma nel mondo la creatività dei nostri artigiani tra cui quelli calabresi anche perché il nostro territorio fornisce abbondante materia prima pregiata chiamata ciocco.

La famiglia Carlino, artigiani delle pipe in Calabria, a Mandatoriccio.

Da qui inizia anche l’affermazione dell’azienda della famiglia Carlino che inizialmente produce abbozzi da cui poi si ricavano le pipe con il marchio Briarwood (Briar = Erica, Wood = legno), quindi pipe in legno di erica, con sede a Mandatoriccio.

Una tradizione fra le più antiche e popolari importata sul luogo nei primi anni del secolo scorso da Francesco Carlino chiamato (zù Cicciu), artigiano “segantino” di origini reggine, capostipite di una numerosa famiglia tutta intenta a sviluppare in questo lembo di terra della provincia cosentina un artigianato della pipa di pregio. Un’attività artigianale con il marchio Carlino apprezzata nel mondo intero per le sue preziose pipe e manufatti, dove le idee sono tramutate in arte, cultura, tradizione attraverso la trasformazione del “ciocco”, che dopo aver conquistato parte del mercato inglese molto esigente registra negli anni successivi esportazioni nei paesi di tutto il mondo in particolare: (Olanda, Ungheria, Germania, Danimarca, Rhodesia, Irlanda, Belgio e URSS) solo per citarne alcuni.

Oggi questa storia, portata avanti e rappresentata da Carlo Carlino, ha più di un secolo alle sue spalle ed è alla quarta generazione, dove esperti artigiani del legno alternandosi da generazioni (da padre in figlio o da zio a nipote) nella lavorazione del ciocco, che richiede tanta pazienza e passione, ma che allo stesso tempo si rivela affascinante e creativa, producono pregiate pipe di radica di notevole valore artistico sogno di fumatori molto esigenti e portano avanti un’arte, che col tempo è divenuta cultura e memoria.

Le pipe mandatoriccesi, per i loro requisiti funzionali ed estetici, tuttora hanno un posto di rilievo nel vasto panorama dell’artigianato nazionale e risultano essere presenti nei diversi negozi specializzati più importanti del mondo dove sono mostrate come manufatti di stile e classe ed apprezzate da una vastissima platea di fumatori per le loro peculiarità che emergono da una raffinata lavorazione della radica.

Aspetti del processo tecnologico

La materia prima e la raccolta: La materia prima è l’erica arborea appartenente alla famiglia delle eriacee che comprende oltre 500 piante arbustive. Erica arborea o scoparia perché anticamente veniva usata per produrre le scope. Si tratta di un arbusto sempreverde, che vegeta tra i 450-1100 metri di altitudine, dalla corteccia bruna tendente al rossastro, tipica della macchia mediterranea, dalla cui radice si ottiene il “ciocco” e dal quale con meticolosa precisione, fantasia e arte prendono forma ricercati, eleganti e sofisticati pezzi dell’artigianato locale, come le pipe in radica. Il suo primo utilizzo, come già si accennava, risale alla metà del 1800. Questa riuscì a imporsi sul mercato grazie alle sue eccellenti qualità tecniche fra cui la sua resistenza al fuoco (800-900 gradi), ma anche per la sua economicità e competitività nell’acquisto e soprattutto, per le sue proprietà fra cui il gusto conferito alla fumata e la sua porosità che permette al legno la respirazione del tabacco. L’arbusto per essere utilizzato deve avere almeno 20 anni, le piante per essere tagliate necessitano di un regolare permesso ed il taglio successivo non può che avvenire dopo altri 20 anni.

Da dove deriva il termine ciocco: Ciocco – Incrocio di due termini latini cippus (ceppo) e soccus (zoccolo). Da molti definito diamante vegetale. Le sue caratteristiche sono: la durezza, resistenza al fuoco, bellezza nella venatura, la fiammatura, il disegno.

Il ciocco non è altro che la protuberanza o l’escrescenza che si forma alla base del fusto dell’erica arborea e che viene scavata e rimossa con l’impiego di arnesi come il marrascure, un attrezzo dotato di manico e formato dalla marra (simile alla zappa) e dalla scure (simile all’accetta) essenziale per il taglio e per la rimozione del ciocco dal terreno. Il ciocco una volta tagliato prima di arrivare in segheria viene conservato sotto terra al riparo dal vento e dal sole in modo che rimanga sempre umido. Trasportato in segheria per la lavorazione viene accatastato in appositi magazzini umidi, interrati e poco luminosi, al riparo dal vento per essere protetto e ben conservato. Viene mantenuto alla giusta temperatura e grado di umidità continuando a bagnarlo fino alla fase successiva del taglio e tenuto umido a volte anche coperto con sacchi di juta bagnati. Tanta è la sua umidità che a volte alcune parti del ciocco germogliano nuove piantine. Gli operai addetti alla sua estrazione si chiamano cioccaiuoli.

Prima di subire il taglio vero e proprio la radice viene ripulita da alcune impurità quali possono essere la presenza di pietre o di altri elementi estranei che la radice nella fase di crescita e di formazione della protuberanza ha incorporato al suo interno e che possono mostrarsi pericolosi durante la fase del taglio.

Il segantino, il taglio e la resa: Il taglio e la resa sono alcuni degli elementi che mettono in evidenza la bravura del maestro artigiano. È stato sperimentato, per esempio, che un esperto segantino ricava dalla lavorazione di 1 quintale di ciocco di media qualità almeno 400-500 abbozzi divisi secondo le seguenti categorie: prima scelta, seconda scelta, misto ed extra.

Il taglio vero e proprio del ciocco è fatto con una lama di acciaio circolare azionata dalla corrente elettrica. Un’operazione molto delicata, dura, pericolosa e rischiosa per le mani del maestro segantino concentrato a ricavarne dall’operazione la migliore resa possibile. Le sue abilità manuali e intellettive in pochi secondi si cimentano in scelte decisive per ottenere il migliore prodotto.

Tra queste operazioni due sono le più importanti. La prima capire l’andamento delle fibre, che determinano quella che viene chiamata (fiammatura) importante per la bellezza del prodotto finito e la seconda ottenere dal taglio il maggior numero di piccoli pezzi opportunamente sagomati, chiamati abbozzi o placche che con accurate successive operazioni sono poi trasformati in pipe.

Differenza tra abbozzi e placche: La differenza tra l’abbozzo e la placca sta nella particolarità delle venature che sono poi quelle che danno la fiammatura.

L’abbozzo può essere considerato da subito un prototipo della futura pipa, mentre la placca simboleggia quella che può essere considerata la migliore manifestazione del ciocco circa la qualità, l’armonia delle sue venature e la bellezza, pertanto, pur trattandosi di un abbozzo, alla placca viene conservata la parte esterna della corteccia dalla quale si producono pipe più raffinate, lisce, con curve molto sinuose, con ottima fiammatura e brillanti occhi di pernice, con meravigliosi fornelli.

Bollitura del ciocco – La bollitura degli abbozzi: In seguito, questi semilavorati (abbozzi e placche), sono sottoposti a continue verifiche e rilievi che ne determinano una conseguente e diversificata nuova scelta (extra, prima scelta, seconda scelta e misto) in funzione della qualità. Dopo essere stati catalogati per modello, misura e qualità i semilavorati sono sottoposti a una necessaria bollitura della durata tra le 18 e 24 ore, in delle grosse caldaie alimentate con gli scarti della stessa radice tagliata, allo scopo di eliminare dal prodotto legnoso la sostanza tannica, responsabile di possibili fenditure nel corso della successiva fase della stagionatura.

Essiccazione: Dopo la bollitura, le placche e gli abbozzi vengono depositati su appositi tavolati o graticci chiamati (essiccatoi) in appositi locali per la conseguente prima fase della stagionatura, in modo da conservare il prodotto in adatte condizioni ambientali, necessaria ad evitare, nel tempo, possibili spaccature e deformazioni. Un’operazione intesa a conferire al prodotto anche le migliori caratteristiche qualitative tra cui la dolcezza del legno alle successive lavorazioni di finitura.

Stagionatura: Dopo l’essiccazione, il prodotto destinato alla vendita come abbozzi, viene suddiviso per qualità e modello, sistemato in balle in appositi contenitori di Juta e lasciato stagionare per ulteriori 15-24 mesi in modo da far perdere l’umidità ancora contenuta per effetto della bollitura prima di subire la definitiva trasformazione in pipa. La stagionatura conferisce migliori caratteristiche che incidono sul gusto che la pipa riesce a fornire e a dare al tabacco nel corso della combustione.

Finitura: Successivamente, attraverso una serie di lavorazioni che sono la tornitura (tornio), l’uso di altre macchine utensili per la preparazione del fornello, la stuccatura se necessaria per le pipe di bassa qualità, la verniciatura, la lucidatura, la ceratura, ogni abbozzo o placca, attraverso le abilità e la manualità del maestro segantino si trasforma così in pipa. Esemplari unici, capolavori lavorati con cura dalle singolari peculiarità. Tutti elementi che determinano e concorrono alla buona riuscita del prodotto finale nella quale necessariamente devono essere presenti caratteristiche come l’estetica, la funzionalità e l’eleganza.

© di Franco Emilio Carlino, Socio Deputazione della Storia patria della Calabria

Ass. Rossano Purpurea

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Non ultimo, obiettivo dell’Associazione è quello di porsi come interlocutore attento, e si spera credibile, nelle diverse dinamiche che interessano lo sviluppo e il futuro della nostra terra.

Fare rete, cercare sinergie tra le tante positività esistenti, di diverso tipo, per costruire sistemi fruibili e comunicabili; per perseguire un’organizzazione efficiente; per provare ad essere efficaci.

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