Nella culla del Crati e del Sybaris, tra Sila e Pollino, duemilasettecento anni fa i Greci fondarono una metropoli di 300.000 abitanti.
L’importanza dei fiumi nella storia
Tutte le grandi civiltà e le città simbolo della Storia sono sorte sulle rive di fiumi. Tra il Tigri e l’Eufrate quella Mesopotamica, sulle rive del Nilo quella Egizia, Roma sul Tevere, Londra sul Tamigi. L’acqua è Fonte di Vita e da sempre Fonte di Progresso e Civiltà.
È tra due fiumi, il Crati ed il Sybaris, che circa 700 anni prima della nascita di Cristo, gli antichi Greci approdarono e rimasero abbacinati da così sfavillante bellezza, al punto da edificarci la più gloriosa e potentissima polis che il mondo antico ricordi. Si narra che al suo apice la sua popolazione fu di oltre trecentomila abitanti: una vera e propria metropoli dell’antichità. Una Città-Stato colta e florida, portatrice di numerosi primati nel campo giuridico, economico e culturale.
Una perla tra Sila e Pollino
I nostri antenati Greci furono ineludibilmente attratti da questa perla incastonata tra la suggestiva catena montuosa del Pollino e le più estreme propaggini della Sila. Un anfiteatro naturale tra il mare e l’ampia distesa pianeggiante che custodisce nel suo grembo epici momenti di storia, inserendosi a buon diritto nel cammino dell’uomo verso forme sempre più alte di civiltà, in uno scenario di incomparabile bellezza.
Qui i Greci si insediarono per la fertilità delle pianure adatte a coltivazioni di grano, e per le pendici montane ideali per viti e ulivi, oltre che e per l’infinita distesa di legname e di pece forniti dai boschi. La strategica posizione sulla grande rotta marina tra Occidente e Oriente, rese Sybaris ricchissima ma anche culturalmente e socialmente avanzata, proverbiale perl’accoglienza e lo spirito pacifico delle sue genti, ma anche per il suo sfarzo e la sua opulenza, purtroppo però sommariamente rappresentate (e distorte sino all’inverosimile) nelle cosiddette“favole sibaritiche”, genere molto diffuso già al tempo di Aristofane. Perfino Seneca, quando volle trovare una figura sinonimo di infinite ricchezze, si occupò di Smindirìde, mitico personaggio sibarita.
Le navi sibarite, raggiungevano i più lontani porti dell’area magnogreca e dell’Asia Minore, esportando nel mondo le nostre merci più pregiate.
Si narra anche che tra il porto di Sybaris e le navi alla fonda vi fosse un collegamento di condotte per il carico dell’olio e del vino. La prosperità raggiunta dalla città è testimoniata inoltre dalla sua splendida monetazione: famoso lo statere in argento con sopra impresso il toro.
Vino, olio e agrumi: la triade della Sibaritide
Tra il Monte Pollino e l’altipiano della Sila, tra la Piana di Sibari e il Mar Ionio, la conformazione pedoclimatica dell’area consentì uno sviluppo ideale del Gaglioppo. La cui leggendaria storia iniziò sulle colline dell’antica Cremissa, dove era stato edificato un tempio dedicato a Bacco (Dio del vino) ed oggi considerato da molti enologi come il vitigno più antico del mondo, che deve la sua sopravvivenza alla tenacia della popolazione Calabra che, fin dall’antichità, ha considerato con grande rispetto la viticoltura.
Con la colonizzazione della Magna Grecia, per il tramite le navi fenicie, anche l’olio d’oliva giunse sulle nostre coste e Sybaris divenne il fulcro fondamentale della diffusione degli ulivi e della produzione olearia.
L’ulivo è forse sin dall’inizio dei tempi, simbolo di sacralità e di pace (la colomba biblica tornò da Noè con un ramo di ulivo nel becco per annunciare il ritiro delle acque dalla terra). Secondo la mitologia, Atene, capitale dell’Ellade, fu cuore, centro propulsore intellettuale e politico della civiltà greca.
Per aggiudicarsi il possesso e la protezione su Atene gareggiarono Poseidone, dio del mare, e Atena, figlia di Zeus, dea della saggezza. Poseidone colpì con il suo tridente la roccia (su cui successivamente sarebbe sorta l’Acropoli) e da questa fece venir fuori una fonte d’acqua marina ed un cavallo più veloce del vento. Atena piantò il primo ulivo, albero che, per millenni, con i suoi frutti avrebbe dato un succo meraviglioso che gli uomini avrebbero potuto usare per la preparazione dei cibi, per la cura del corpo, per la guarigione delle ferite e delle malattie e quale fonte di luce per le abitazioni.
Vino, Olio e Agrumi sono la “triade” sulla quale si poggia la nostra produzione agricola su quella stessa piana coltivata e fiorente su cui sono poggiate i resti dell’Antica Sibari, le sue mura, le sue strade, le sue opere di difesa idrauliche ed il suo magnifico porto. Noi proveniamo da lì, dalla gloriosa civiltà greca che tanto splendore donò al Mondo. I nostri geni sono quelli degli antichi Greci. E sono geni fieri, innovatori e coraggiosi.
di Nilo Domanico